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Il Blog di Rifondazione Comunista di Assisi


venerdì 29 ottobre 2010

Quando i valori fanno la differenza





Vi raccontiamo una storia tipica dell’odierna Italia della crisi economica e morale.
A Montefalco c’è un uomo che non lavora da quattro anni con a carico una figlia disabile che ha sempre avuto, tramite i fondi regionali e la solerzia del comune di Montefalco amministrato la scorsa legislatura dal centro-sinistra, l’abbonamento allo scuolabus gratis per la ragazza che frequenta un Istituto Superiore ad Assisi.
Da quest’anno “l’efficiente” amministrazione di destra, che ha vinto le ultime elezioni comunali, ha messo in campo una complicata procedura burocratica che di fatto ha impedito l’elargizione di questo contributo per le famiglie che ne avevano diritto.
Risultato: la prima settimana di scuola il padre di famiglia ha dovuto accompagnare la figlia a scuola con un’auto prestata da un conoscente, mentre la seconda ha dovuto gioco forza far assentare la stessa dalle lezioni a causa della mancanza di soldi per l’abbonamento.
L’uomo ha avuto il coraggio di denunziare il tutto a mezzo stampa ricevendo la concreta solidarietà di tanti privati cittadini.
È toccato a noi, sporchi comunisti, risolvere la situazione grazie alla collaborazione dell’azienda di trasporti che compie la tratta da Montefalco ad Assisi.
La nuova amministrazione di destra di Montefalco non è stata in grado di usare i fondi regionali, concependo un regolamento e una raccolta di domande con tempi biblici per chi ha bisogno immediato, né il comune di Assisi ha sentito il bisogno di intervenire per cercare di risolvere la grave situazione.
Due amministrazioni di destra, stesso disinteresse per le vere esigenze della gente che tutti i giorni deve lottare per il vivere quotidiano.
Evidentemente questa destra è troppo impegnata a proteggere gli evasori fiscali, i bungabungisti e i guai giudiziari del suo leader piuttosto che pensare a problemi pressanti come quello sopra descritto: essi danno diritto e cittadinanza ai corrotti della politica della prima e mai terminata repubblica che tornano in auge in continuazione in un paese che sembra aver perso di vista ogni minima solidarietà, rispetto dei diritti, ritegno e moralità, in tutti i settori. E nessuno si sogni di far passare per favori quello che invece è un diritto.

19 commenti:

  1. Anonimo29/10/10

    ma come avete agito voi?

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  2. Anonimo29/10/10

    su quale giornale è uscito questo articolo del signore in questione?

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  3. Anonimo29/10/10

    bunga bunga

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  4. Anonimo29/10/10

    significa che t'è piaciuto?

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  5. Anonimo30/10/10

    nel paese del bunga bunga cosa vuoi che importi se una ragazza disabile non va a scuola?

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  6. Anonimo31/10/10

    ma alla fine ha avuto l'abbonamento

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  7. Anonimo31/10/10

    chi è la brava giornalista che vi corregge i post?

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  8. Anonimo31/10/10

    chi è che è invidioso?

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  9. Anonimo1/11/10

    26 Oct Paolo Trezzi
    La regola dell’ombrello di Marchionne
    Le varie interviste al sindacalista Bonanni nonchè la freschissima dell’AD Fiat Sergio Marchionne in tv, domenica sera dal timido Fabio Fazio sono servite per ribadire e confermare alcuni punti fermi dei chiario di luna che ci aspettano come cittadini e lavoratori. Le regole le detta il Padrone. L’accordo o il ricatto che sta venendo avanti a Pomigliano ad opera del capo della Fiat Marchionne, comunque la si giri, è questo.
    Quello che dovrebbe sbigottire è che i primi a permetterlo sono 2 sindacati su 3. Cisl e Uil. Il padrone fa il suo mestiere e fin qui non ci piove ma perché l’ombrello devono tenerglielo i sindacati e la claque? Perché il padrone dice che altrimenti va in Polonia a costruire le auto che poi compreremo in Italia. E se lo può dire la Fiat oggi: “o accetti o me ne vado” perché domani non può dirlo un’altra azienda grande o piccola che sia? Ma le centinaia di fabbriche in lotta in tutti territori, Riello, Omsa, Innse, Bialetti, Dainese ecc ecc ecc ecc non hanno insegnato nulla? Almeno agli operai?
    Vogliamo sorvolare sulla cancellazione obbligatoria dello sciopero? Sulla riduzione obbligatoria della pausa? Sulla cancellazione obbligatoria del diritto alla malattia? Sull’obbligo della sosta pranzo solo a fine turno, per 1/2ora dopo 7,30 ininterrotte di lavoro alla catena? Sorvoliamo su tutto questo, per un attimo.
    E domandiamoci: ma il Piano Fiat, malgrado tutto questo, poi è sostenibile? Nessuno ha ancora smentito l’analisi di economisti come Guido Viale che entra nel merito produttivo dello stesso. Questo prevede che nel giro di 4 anni Fiat e Chrysler producano -e vendano- 6 milioni di auto all’anno: 2,2 Chrysler, 3,8 Fiat, Alfa e Lancia: un raddoppio della produzione. In Italia, 1,4 milioni: più del doppio di oggi.
    La metà da esportare in Europa: in un mercato che già prima della crisi aveva un eccesso di capacità del 30-35%; che dopo la sbornia degli incentivi alla rottamazione, è già crollato del 15% (ma quello Fiat del 30). Quello che non si dice è che questo Piano Fiat non si farà mai. Non è una novità. Negli ultimi 10anni di piani industriali la Fiat ne ha già sfornati 7; ogni volta indicando il numero di modelli, di veicoli, l’entità degli investimenti e la riduzione di manodopera previsti. Tranne l’ultimo punto, degli obiettivi indicati non ne ha realizzato, ma neanche perseguito, nemmeno uno. Ma è un andazzo generale: se i programmi di rilancio enunciati da tutte le case europee andassero in porto (non è solo la Fiat a voler crescere) nel giro di un quinquennio si dovrebbero produrre e vendere in Europa 30 milioni di auto all’anno: Il doppio delle vendite pre-crisi. Un’autentica follia.
    La questione quindi potrebbe essere vista da un’altra prospettiva. E’ l’Italia che dovrebbe chiedersi se ha ancora interesse a rimanere nell’azionariato Fiat (non la Fiat se ha ancora interesse a produrre auto in Italia). Il mercato è saturo; Le auto si vendono solo con gli incentivi statali (il guadagno dell’impresa lo sovvenziona lo Stato, cioè tutti noi). Ha un senso? Forse sarebbe meglio una nuova politica economica (green economy, turismo, agricoltura) con una prospettiva di medio-lungo termine a favore dei cittadini e non dei soliti pseudocapitalisti (i capitalisti, quelli veri di stampo anglosassone, se non sono capaci, falliscono). Gli operai, faranno il referendum per scegliere.
    Siamo arrivati al punto di vedere lavoratori che non possono sputare su elemosine così ipocrite dei padroni?
    Ne vogliamo parlare, almeno ??

    RispondiElimina
  10. Anonimo1/11/10

    26 Oct Paolo Trezzi
    La regola dell’ombrello di Marchionne
    Le varie interviste al sindacalista Bonanni nonchè la freschissima dell’AD Fiat Sergio Marchionne in tv, domenica sera dal timido Fabio Fazio sono servite per ribadire e confermare alcuni punti fermi dei chiario di luna che ci aspettano come cittadini e lavoratori. Le regole le detta il Padrone. L’accordo o il ricatto che sta venendo avanti a Pomigliano ad opera del capo della Fiat Marchionne, comunque la si giri, è questo.
    Quello che dovrebbe sbigottire è che i primi a permetterlo sono 2 sindacati su 3. Cisl e Uil. Il padrone fa il suo mestiere e fin qui non ci piove ma perché l’ombrello devono tenerglielo i sindacati e la claque? Perché il padrone dice che altrimenti va in Polonia a costruire le auto che poi compreremo in Italia. E se lo può dire la Fiat oggi: “o accetti o me ne vado” perché domani non può dirlo un’altra azienda grande o piccola che sia? Ma le centinaia di fabbriche in lotta in tutti territori, Riello, Omsa, Innse, Bialetti, Dainese ecc ecc ecc ecc non hanno insegnato nulla? Almeno agli operai?
    Vogliamo sorvolare sulla cancellazione obbligatoria dello sciopero? Sulla riduzione obbligatoria della pausa? Sulla cancellazione obbligatoria del diritto alla malattia? Sull’obbligo della sosta pranzo solo a fine turno, per 1/2ora dopo 7,30 ininterrotte di lavoro alla catena? Sorvoliamo su tutto questo, per un attimo.
    E domandiamoci: ma il Piano Fiat, malgrado tutto questo, poi è sostenibile? Nessuno ha ancora smentito l’analisi di economisti come Guido Viale che entra nel merito produttivo dello stesso. Questo prevede che nel giro di 4 anni Fiat e Chrysler producano -e vendano- 6 milioni di auto all’anno: 2,2 Chrysler, 3,8 Fiat, Alfa e Lancia: un raddoppio della produzione. In Italia, 1,4 milioni: più del doppio di oggi.

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  11. Anonimo1/11/10

    La metà da esportare in Europa: in un mercato che già prima della crisi aveva un eccesso di capacità del 30-35%; che dopo la sbornia degli incentivi alla rottamazione, è già crollato del 15% (ma quello Fiat del 30). Quello che non si dice è che questo Piano Fiat non si farà mai. Non è una novità. Negli ultimi 10anni di piani industriali la Fiat ne ha già sfornati 7; ogni volta indicando il numero di modelli, di veicoli, l’entità degli investimenti e la riduzione di manodopera previsti. Tranne l’ultimo punto, degli obiettivi indicati non ne ha realizzato, ma neanche perseguito, nemmeno uno. Ma è un andazzo generale: se i programmi di rilancio enunciati da tutte le case europee andassero in porto (non è solo la Fiat a voler crescere) nel giro di un quinquennio si dovrebbero produrre e vendere in Europa 30 milioni di auto all’anno: Il doppio delle vendite pre-crisi. Un’autentica follia.
    La questione quindi potrebbe essere vista da un’altra prospettiva. E’ l’Italia che dovrebbe chiedersi se ha ancora interesse a rimanere nell’azionariato Fiat (non la Fiat se ha ancora interesse a produrre auto in Italia). Il mercato è saturo; Le auto si vendono solo con gli incentivi statali (il guadagno dell’impresa lo sovvenziona lo Stato, cioè tutti noi). Ha un senso? Forse sarebbe meglio una nuova politica economica (green economy, turismo, agricoltura) con una prospettiva di medio-lungo termine a favore dei cittadini e non dei soliti pseudocapitalisti (i capitalisti, quelli veri di stampo anglosassone, se non sono capaci, falliscono). Gli operai, faranno il referendum per scegliere.
    Siamo arrivati al punto di vedere lavoratori che non possono sputare su elemosine così ipocrite dei padroni?
    Ne vogliamo parlare, almeno ??

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  12. Anonimo1/11/10

    tratto da finansol.it
    promozione della finanza solidale

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  13. Anonimo1/11/10

    30 ottobre 2010
    IL «CASO RUBY»
    Risposte attese
    e stringenti doveri
    Non ci piace guardare dal buco della serratura. E del personale stato di salute dei nostri politici – come dei dati sensibili di chiunque – ci interessiamo con sommo rispetto e soltanto lo stretto necessario. Ma lo sguardo che riserviamo ai fatti della nostra politica è diretto e attento. E lo stato di salute delle istituzioni repubblicane ci preme moltissimo. Anche in queste ore, nelle quali l’impetuoso sviluppo mediatico del cosiddetto «caso Ruby» sta proponendo questioni vecchie e nuove. A seguito di un’inchiesta giudiziaria milanese, da parte della stampa (non, a quanto risulta, da parte dei magistrati) si torna, infatti, a ipotizzare il coinvolgimento del presidente del Consiglio in situazioni ambigue e spericolate. E a questo proposito ha qualcosa da dire anche chi, come noi, secondo il costante costume giornalistico di Avvenire, non precipita mai valutazioni e giudizi.
    C’è un punto nodale. Ed è se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole. Il premier nega che questo sia avvenuto, e nelle ultime quarantott’ore i tutori dell’ordine hanno rivendicato ripetutamente di aver fatto tutto secondo «prassi» e «procedure». Mercoledì prossimo il ministro dell’Interno riferirà in Parlamento e non ci attendiamo nulla di meno di una risposta esauriente e definitiva.
    Ma c’è anche un punto di costume, che è anche di costume pubblico. Al di là delle sovrabbondanti cronache degli ultimi giorni, lo ha posto – a suo modo – lo stesso presidente del Consiglio. «Amo la vita, amo le donne – ha detto ieri a margine di un importantissimo vertice internazionale –. Lavoro moltissimo e, ogni tanto, sento il bisogno di una serata distensiva, di una terapia mentale per pulire il cervello... Fa parte della mia personalità e non c’è nessuno che può farmi cambiare uno stile di vita di cui sono convinto». Noi siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri. Sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta sono quelli minimi. E riguardano il linguaggio tanto quanto lo «stile di vita».
    Marco Tarquinio

    RispondiElimina
  14. Anonimo1/11/10

    30 ottobre 2010
    IL «CASO RUBY»
    Risposte attese
    e stringenti doveri
    Non ci piace guardare dal buco della serratura. E del personale stato di salute dei nostri politici – come dei dati sensibili di chiunque – ci interessiamo con sommo rispetto e soltanto lo stretto necessario. Ma lo sguardo che riserviamo ai fatti della nostra politica è diretto e attento. E lo stato di salute delle istituzioni repubblicane ci preme moltissimo. Anche in queste ore, nelle quali l’impetuoso sviluppo mediatico del cosiddetto «caso Ruby» sta proponendo questioni vecchie e nuove. A seguito di un’inchiesta giudiziaria milanese, da parte della stampa (non, a quanto risulta, da parte dei magistrati) si torna, infatti, a ipotizzare il coinvolgimento del presidente del Consiglio in situazioni ambigue e spericolate. E a questo proposito ha qualcosa da dire anche chi, come noi, secondo il costante costume giornalistico di Avvenire, non precipita mai valutazioni e giudizi.
    C’è un punto nodale. Ed è se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole. Il premier nega che questo sia avvenuto, e nelle ultime quarantott’ore i tutori dell’ordine hanno rivendicato ripetutamente di aver fatto tutto secondo «prassi» e «procedure». Mercoledì prossimo il ministro dell’Interno riferirà in Parlamento e non ci attendiamo nulla di meno di una risposta esauriente e definitiva.
    Ma c’è anche un punto di costume, che è anche di costume pubblico. Al di là delle sovrabbondanti cronache degli ultimi giorni, lo ha posto – a suo modo – lo stesso presidente del Consiglio. «Amo la vita, amo le donne – ha detto ieri a margine di un importantissimo vertice internazionale –. Lavoro moltissimo e, ogni tanto, sento il bisogno di una serata distensiva, di una terapia mentale per pulire il cervello... Fa parte della mia personalità e non c’è nessuno che può farmi cambiare uno stile di vita di cui sono convinto». Noi siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri. Sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta sono quelli minimi. E riguardano il linguaggio tanto quanto lo «stile di vita».
    Marco Tarquinio

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  15. Anonimo1/11/10

    30 ottobre 2010
    IL «CASO RUBY»
    Risposte attese
    e stringenti doveri
    Non ci piace guardare dal buco della serratura. E del personale stato di salute dei nostri politici – come dei dati sensibili di chiunque – ci interessiamo con sommo rispetto e soltanto lo stretto necessario. Ma lo sguardo che riserviamo ai fatti della nostra politica è diretto e attento. E lo stato di salute delle istituzioni repubblicane ci preme moltissimo. Anche in queste ore, nelle quali l’impetuoso sviluppo mediatico del cosiddetto «caso Ruby» sta proponendo questioni vecchie e nuove. A seguito di un’inchiesta giudiziaria milanese, da parte della stampa (non, a quanto risulta, da parte dei magistrati) si torna, infatti, a ipotizzare il coinvolgimento del presidente del Consiglio in situazioni ambigue e spericolate. E a questo proposito ha qualcosa da dire anche chi, come noi, secondo il costante costume giornalistico di Avvenire, non precipita mai valutazioni e giudizi.

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  16. Anonimo1/11/10

    C’è un punto nodale. Ed è se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole. Il premier nega che questo sia avvenuto, e nelle ultime quarantott’ore i tutori dell’ordine hanno rivendicato ripetutamente di aver fatto tutto secondo «prassi» e «procedure». Mercoledì prossimo il ministro dell’Interno riferirà in Parlamento e non ci attendiamo nulla di meno di una risposta esauriente e definitiva.
    Ma c’è anche un punto di costume, che è anche di costume pubblico. Al di là delle sovrabbondanti cronache degli ultimi giorni, lo ha posto – a suo modo – lo stesso presidente del Consiglio. «Amo la vita, amo le donne – ha detto ieri a margine di un importantissimo vertice internazionale –. Lavoro moltissimo e, ogni tanto, sento il bisogno di una serata distensiva, di una terapia mentale per pulire il cervello... Fa parte della mia personalità e non c’è nessuno che può farmi cambiare uno stile di vita di cui sono convinto». Noi siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri. Sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta sono quelli minimi. E riguardano il linguaggio tanto quanto lo «stile di vita».
    Marco Tarquinio

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  17. Anonimo1/11/10

    Per me uno che compra minorenni sbandate e senza rotta è un poco di buono. Se poi questo qualcuno è il presidente del consiglio, allora siamo di fronte ad un colossale mascalzone

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  18. Anonimo2/11/10

    ad assisi romoli+passeri+borgognoi
    a bastia brozzi
    pd sei un dinosauro
    sei finito
    fai schifo!!

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  19. Anonimo2/11/10

    età media 65 anni: bel rinnovamento davvero! complimenti soprattutto ai giovani del pd che hanno elegantemente fatto spazio ai capaci ed esperti politici navigati, che sicuramente sapranno dare idee nuove e nuove alleanze, moderne e dinamiche, al pd partito in costante ascesa e sempre pronto alle novità!

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