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Il Blog di Rifondazione Comunista di Assisi


lunedì 29 aprile 2013

Il PRG di Assisi: un appello del Consigliere Marcucci



Pubblichiamo un appello del Consigliere Paolo Marcucci


Gentile Signore
Enrico Letta
Presidente del Consiglio dei Ministri

Gentile Signore
Massimo Bray
Ministro per i Beni e le Attività Culturali

Gentile Signore
Andrea Orlando
Ministro per i Beni e le Attività Culturali


E p.c.

Gentile Signore
Marco Vinicio Guasticchi - Presidente Provincia Perugia

Gentile Signore
Carlo Antonini - Assessore Urbanistica Provincia Perugia

Gentile Signora
Catiuscia Marini - Presidente Giunta Regionale Umbria

Gentile Signore
Fabrizio Bracco - Assessore Beni e Attività Culturali Regione Umbria

Gentile Signore
Silvano Rometti - Assessore Ambiente e Urbanistica Regione Umbria

Alla
Direzione Regionale BBCC Umbria

Alla
Soprintendenza ai B.A.P. dell’Umbria


Gentili Signori,

mi chiamo Paolo Marcucci e sono un cittadino di Assisi, consigliere comunale di opposizione della lista civica “Buongiorno Assisi” che, insieme a tutte le forze del centro sinistra, ha sostenuto nel 2011 la candidatura a Sindaco di Assisi di Carlo Cianetti, concittadino e giornalista di Rai News.

Spero vivamente che la Vostra azione di governo possa segnare un cambiamento positivo per le sorti del nostro Paese.

Per questo vi invio una lettera aperta, che ho pubblicato oggi sul nostro blog (http://logga.me/squillanletrombe/) ed inviato alla stampa, per far conoscere a tutti lo scempio ambientale e paesaggistico che si sta per attuare nel territorio di Assisi.

Oggi, lunedì 29 aprile, si terrà, infatti, la Conferenza Interistituzionale sul nuovo PRG di Assisi che dovrà sancire se approvare o meno uno strumento urbanistico “vergognoso”, con la previsione di realizzare una colata di cemento di oltre 470 mila nuovi metri cubi di volumetria residenziale che, andandosi a sommare con quella residua del vecchio PRG (tutta riconfermata), porterebbe a realizzare volumetrie residenziali per oltre 1 milione di metri cubi!

“Vergognoso” perché, oltre al danno ambientale, l’adozione di questo nuovo PRG è avvenuta, senza la preventiva fase di partecipazione, nel 2011 in piena campagna elettorale accogliendo 326 osservazioni di privati, tutte con aumento di volume o con trasformazione di zone agricole in edificabili, per circa 6 mila ettari.
Numeri spaventosi.
Troverete i dettagli dell’intera vicenda nella lettera aperta che allego.

A nome dei tanti cittadini, comitati e associazioni che si sono mobilitati fin dall’inizio contro questo tentativo di violentare il nostro splendido territorio, senza ottenere riposta dall’Amministrazione comunale ma ricevendo, anzi, beffarde critiche, Vi chiedo di intervenire per quanto nelle Vostre attuali competenze presso la Regione Umbria, la Provincia di Perugia e l’Amministrazione Comunale di Assisi perché venga impedito uno scempio annunciato.

Con i migliori auguri per i Vostri nuovi impegni istituzionali.


Assisi, 29 aprile 2013

Paolo Marcucci
Consigliere Comunale di Buongiorno Assisi

mercoledì 17 aprile 2013

Reddito: la maggioranza c’è



di Roberto Ciccarelli



Fino a un mese fa una maggioranza parlamentare favorevole all’introduzione del reddito minimo garantito in Italia, unico paese europeo insieme alla Grecia a non avere questa misura, sembrava una pazza idea. Ieri invece, in un’assolata piazza Montecitorio, la follia iniziale della proposta ha mostrato qualche traccia di ragionevolezza. Quando la delegazione delle 170 associazioni che ha raccolto più di 50 mila firme per presentare la legge di iniziativa popolare sul reddito ha conquistato il centro della piazza, a favore degli obiettivi dei fotografi, ad attenderli c’era una «strana» maggioranza di deputati composta da Sel (che insieme a Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi ha raccolto le firme), il Pd con Marianna Madia e Danilo Leva (insieme hanno depositato una proposta di legge sul «reddito minimo di cittadinanza») e una mezza dozzina di deputati del Movimento 5 Stelle. La photo-opportunity è quella che meno ti aspetti, dopo il gran rifiuto di Grillo di appoggiare un governo Bersani, con le commissioni parlamentari ancora ferme al palo. Nemmeno le mail dei deputati sono state attivate. Insomma, nel Palazzo «si sta come d’autunno sugli alberi le foglie». Da destra verso sinistra di questa foto, e anche fuori dall’obiettivo perché i pentastellati sono rimasti vicino a una delegazione del No Muos di Niscemi, è già possibile individuare chi tra i tre gruppi parlamentari si è detto disponibile a discutere su una legge sul reddito minimo a partire dalla proposta di legge popolare che ieri è stata presentata alla presidente della Camera Laura Boldrini.
Prima di sciogliersi, il deputato 5 stelle Marco Baldassarre, annota su un foglio bianco i cellulari e le mail personali dei deputati Pd e Sel. Si incontreranno già da domani in una sala della Camera, in attesa delle convocazione delle commissioni. «La nostra proposta è in linea con quella del comitato – ha confermato il deputato 5 stelle Gianluca Vacca – il problema sono le Commissioni e non permettono di discutere le leggi e i progetti che i diversi partiti hanno in comune». «Io sono per avviare le commissioni, a differenza della linea presa dal mio partito – ha detto Madia del Pd – secondo me c’è in questo Parlamento una maggioranza che le cose vuole farle, e cambiarle sul serio». Incontrando i promotori della raccolta firme, la presidente della Camera Laura Boldrini ha ribadito che, dopo l’elezione del presidente della Repubblica, insisterà con il presidente del Senato Grasso affinché il lavoro delle commissioni inizi una volta per tutte. L’iniziativa popolare sul reddito, e la disponibilità di tre gruppi a presentare un disegno di legge, può essere l’occasione per proporre una riforma del regolamento della Camera, in particolare il punto che riguarda le leggi di iniziativa popolare. In accordo con l’orientamento indicato da Stefano Rodotà nella «costituente dei beni comuni» tenuta a battesimo al teatro Valle sabato scorso, anche la presidente Boldrini intende assicurare «un iter più veloce, la certezza che saranno prese in esame dalle commissioni, garantendo la possibilità per i proponenti di partecipare ai lavori». Alla delegazione, Boldrini ha assicurato di «condividere il senso di questa iniziativa. Quella sul reddito minimo è una battaglia che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale». All’uscita dalla Camera, Sandro Gobetti del Basic Income Network-Italia (Bin), una delle associazioni che ha promosso la raccolta delle firme, non nasconde la propria soddisfazione: «Oggi è emerso che la base di partenza per istituire questa legge in Italia è la nostra proposta – ha detto – un accordo tra i tre gruppi parlamentari di peso potrebbe accelerare l’iter burocratico riservato alle iniziative di legge popolare». Luca Santini, che del Bin è il presidente, ha risposto a chi gli ha posto le classiche domande su come evitare gli abusi e le truffe e sul reperimento delle risorse (calcolate tra gli 8 e i 10 miliardi di euro all’anno per 600 euro mensili, 7200 annui per disoccupati, inoccupati e precari): «È una scelta politica. Non è che si nega un diritto perché ci possono essere abusi. Naturalmente va ripensata tutta la struttura della gestione».
A favore dell’istituzione del reddito minimo si è espresso Paolo Ferrero (Rifondazione) e Nichi Vendola: «Il reddito è uno strumento per consentire alle fasce sociali più precarizzate una vità più dignitosa e senza ricatti». Per segnalare l’eccezionalità della giornata, ieri è intervenuto il confondatore del movimento 5 stelle, Gianroberto Casaleggio: «la cassa integrazione non fa parte dei tagli cui stiamo pensando, se non sostituita da altre forme di assistenza come può essere il reddito di cittadinanza che resta un punto di partenza». Pazza idea I promotori chiedono l’avvio immediato di un iter parlamentare. «È una battaglia che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale», assicura Laura Boldrini.

Appello per Stefano Rodotà presidente della Repubblica



di Arturo Di Corinto 

Il ruolo del Presidente della Repubblica è una fondamentale garanzia costituzionale e, proprio in quanto tale, è sempre più importante in un contesto politico incerto.

Questa fase storica è, per la nostra Repubblica, particolarmente complessa, perché il paese attraversa una trasformazione importantissima, densa di difficoltà e di opportunità. A deciderne la direzione saranno le scelte che verranno operate nei prossimi mesi e il prossimo Presidente della Repubblica avrà in questo un’importanza determinante.
Gli italiani si chiedono chi potrà svolgere con adeguata sensibilità questa importante funzione.
Tra i molti candidati citati in questi giorni, noi cittadini del mondo delle professioni, della cultura, dell’associazionismo, dei movimenti, uomini e donne di diversa fede politica, sosteniamo Stefano Rodotà.

Da sempre attento al tema dei diritti della persona e della responsabilità, conosce a fondo il senso politico e sociale delle nuove tecnologie, riflette da tempo sulle loro conseguenze nel campo dei diritti e interpreta le opportunità che offrono per un rinnovamento e uno sviluppo della democrazia. Ma non solo.
In perfetta coerenza con tutto questo, negli ultimi anni si è preoccupato di sottolineare un tema essenziale: quello della giustizia sociale e della gestione pubblica dei beni comuni. Rodotà dimostra una straordinaria consapevolezza intorno al fatto che in un momento di gravissima crisi diventano prioritari i diritti alla sopravvivenza. Per questo ha insistito sulla istituzione di un reddito di cittadinanza per tutti.
Rodotà è un laico che rispetta ogni confessione religiosa. Sempre attento alla differenza del pensiero femminile e ai contributi da esso generati,  è uomo del dialogo che rifiuta la violenza come strumento per la risoluzione delle controversie.
Noi riteniamo che Stefano Rodotà incarni fedelmente i valori della nostra carta fondamentale.
E il nostro paese ha bisogno di una persona come lui, indipendente, di grande saggezza ed esperienza e con una visione moderna dei problemi, che sia garante della Costituzione italiana ed europea.
Se come supremo garante del nostro assetto costituzionale avremo una figura adeguata ai tempi, gli italiani potranno avere maggior fiducia nel sistema, sapranno che le pulsioni autoritarie potranno essere fermate, la logica dell’”uomo solo al comando” potrà essere vinta.
Vi chiediamo quindi di sottoscrivere questo appello per  raccogliere  il più ampio consenso intorno a alla candidatura di Stefano Rodotà alla Presidenza della Repubblica e di sollecitare i membri del  Parlamento di tenere in conto la voce delle cittadine e dei cittadini italiani.
Per aderire: http://nobavaglio.it/rodotapresidente
1. Laura Abba
2. Giovanni Boccia Artieri
3. Raffaele Barberio
4. Sofia Basso
5. Gabriel Benigni
6. Sara Bentivegna
7. Marco Berlinguer
8. Mariella Berra
9. Vittorio Bertola
10. Stefano Maria Bianchi
11. Carlo Blengino
12. Stefano Bocconetti
13. Raffaela Bolini
14. Giuseppe Bronzini
15. Massimo Brutti
16. Rosangela Caberletti
17. Luciano Canfora
18. Andrea Capocci
19. Mauro Capocci
20. Luciana Castellina
21. Giuseppe Corasaniti
22. Stefano Corradino
23. Robert Castrucci
24. Vanni Codeluppi
25. Fiorello Cortiana
26. Stefano Cristante
27. Umberto Croppi
28. Domenico D’Amati
29. Nicola D’Angelo
30. Fiorella De Cindio
31. Giulio De Petra
32. Tana De Zulueta
33. Juan Carlos De Martin
34. Santo Della Volpe
35. Ettore Di Cesare
36. Arturo Di Corinto
37. Vittorio Emiliani
38. Massimo Esposti
39. Antonello Falomi
40. Tommaso Fattori
41. Marisa Fiumanò
42. Carlo Formenti
43. Francesca Fornario
44. Anna Carola Freschi
45. Tommaso Fulfaro
46. Domenico Gallo
47. Filippo Giannuzzi
48. Alessandro Gilioli
49. Giuliano Girlando
50. Alex Giordano
51. Beppe Giulietti
52. Sandro Gobetti
53. Leda Guidi
54. Nello Iacono
55. Antonello Impagliazzo
56. Raniero La Valle
57. Riccardo Luna
58. Betto Liberati
59. Fiorella Mannoia
60. Gianfranco Mascia
61. Flavia Marzano
62. Loris Mazzetti
63. Enrico Menduni
64. Angelo Raffaele Meo
65. Claudio Messora
66. Fulvio Molena
67. Fausto Napolitano
68. Maso Notarianni
69. Ugo Onelli
70. Federico Orlando
71. Gianni Orlandi
72. Ottavia Piccolo
73. Marco Quaranta
74. Mauro Paissan
75. Flavia Perina
76. Antonio Pizzinato
77. Luca Poma
78. Giovanni Razza
79. Marco Ricolfi
80. Anthony Rimoli
81. Carla Ronga
82. Giulia Rodano
83. Claudio Rossoni
84. Ernesto Maria Ruffini
85. Laura Sartori
86. Fulvio Sarzana
87. Marcella Secli
88. Giovanna Sissa
89. Guido Scorza
90. Luca Telese
91. Tommaso Tozzi
92. Carlo Testini
93. Nicola Tranfaglia
94. Luca Tremolada
95. Marco Trotta
96. Stefano Trumpy
97. Francesco Tupone
98. Luigi Vernieri
99. Vincenzo Vita
100. Carlo Von Loesch
101. Felice Zingarelli

martedì 16 aprile 2013

Per un movimento politico anticapitalista e libertario


Questo non è un appello, ma una proposta di lotta.
Vediamo e viviamo la miseria, l’offesa alla libertà e alla dignità della persona, la devastazione della natura esercitate ogni giorno da parte di un capitalismo criminale.
Un giorno una corte di giustizia dovrà essere istruita contro i responsabili di questi crimini contro l’umanità.
Ma ora dobbiamo prima di tutto smettere di piangere, rimboccarci le maniche e lottare.
Siamo donne e uomini con diversi percorsi politici, di lotta sociale e ambientalista, per le libertà civili la democrazia e l’uguaglianza.
Abbiamo in comune la volontà, la passione e la rabbia di non rassegnarci e di non arrenderci.
Certo il socialismo reale è crollato nel passato per sue colpe, ma il capitalismo reale oggi distrugge il presente e il futuro.
Per questo torna all’ordine del giorno la necessità di costruire un’alternativa all’attuale sistema economico, sociale e politico.
Per questo oggi più che mai sentiamo vive le nostre radici comuniste e libertarie, antifasciste e antirazziste, femministe e ambientaliste.
Non c’è liberazione possibile nel compromesso con l’attuale governo autoritario dell’economia e della società.
Lo hanno capito le donne e gli uomini del Mediterraneo, che ci insegnano a ribellarci.
Lo hanno capito donne e uomini dell’America Latina che si mobilitano per il socialismo del XXI secolo.
Lo hanno capito tutte e tutti coloro che fin sotto i templi del denaro e del potere nei paesi più ricchi hanno gridato: noi siamo il 99%!
Lo hanno capito quelle donne e quegli uomini d’Europa, che dalla Grecia alla Islanda, dalla Spagna a Cipro, scendono in piazza per rovesciare quelle politiche di austerità che stanno uccidendo ogni residuo di stato sociale e democrazia.
Noi ci sentiamo, vogliamo, essere parte di tutto questo.
L’Europa è oggi occupata dal regime della Troika e dei governi che la sostengono. Il popolo non è più sovrano, è solo debitore. Tutti i governi fanno guerra sociale ai loro popoli. La democrazia è ridotta a spettacolo televisivo.
Noi crediamo che, come nel 1848 e nel 1945, tutta l’Europa debba liberarsi dalla tirannia: allora dei sovrani assoluti prima e del fascismo poi, oggi del capitalismo finanziario e della sua oligarchia economica, politica e culturale.
Noi crediamo che sia all’ordine del giorno la necessità di un cambiamento rivoluzionario.
Noi non facciamo nessun generico appello all’unità.
Noi ci uniamo per la rottura con questa Europa e con questo capitalismo, per costruire una nuova storia comune.
È necessario che anche in Italia tornino in campo il pensiero critico, i progetti, le pratiche di un movimento politico anticapitalista di massa. Oggi questo in Italia non c’è e noi proponiamo di ricostruire partendo dal conflitto sociale.
Non ci nascondiamo le macerie che abbiamo intorno. Sinora tutti i tentativi di far emergere un progetto politico anticapitalista unitario dalle lotte sociali, civili, ambientali e per la libertà delle donne sono falliti. Questi fallimenti hanno precise responsabilità politiche, ma rimandano anche ad una questione più di fondo.
Oggi la sola lotta di classe pienamente legittimata è quella che viene dai ricchi verso i poveri, dai padroni verso gli operai, da chi ha il potere verso chi non ne ha. Tutti i bisogni, i diritti e le libertà degli oppressi sono invece contrapposti e frantumati tra loro.
Noi pensiamo che ci sia un nesso profondo fra dominio capitalistico e patriarcale, fra sfruttamento e mercificazione e che non ci siano bisogni di liberazione che possano essere sacrificati ad altri.
La dignità di chi lavora non può essere sacrificata al diritto a lavorare ed entrambi non possono venir prima del diritto alla salute e alla salvaguardia dell’ambiente. Non c’è lotta sociale e ambientale che venga prima di quella per la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Riifiutiamo ogni contrapposizione fra diritti dei nativi e dei migranti.
Il capitalismo che si proclama liberale, ancora più astutamente in questa epoca di crisi, contrappone i bisogni di liberazione degli uni a quelli degli altri tirando la coperta stretta delle libertà dal lato che più gli conviene. I giovani precari contro i genitori occupati, l’ambiente contro gli operai, i diritti delle donne contro quelli del lavoro. La risposta non è il prevalere di un interesse sugli altri, ma invece il reciproco riconoscimento su un piano di parità e la costruzione dell’unità tra i conflitti contro gli avversari comuni.
La più grave crisi economica dal dopoguerra si abbatte sull’Italia, e non ci sono vie per superarla se si resta nel campo di quel pensiero politico unico che oggi viene definito come riformismo, ma che in realtà è solo una cultura politica del meno peggio, una tecnologia del potere adottata da tutte le forze che si alternano al governo e che ha come primo obiettivo quello di impedire o sterilizzare il conflitto sociale.
La democrazia italiana è commissariata, come mostra l’istituzione del pareggio di bilancio in Costituzione votata da PD, PdL e Monti. Le scelte di fondo, politiche ed economiche, sono definite dal pilota automatico, cioè dai vincoli e dalle regole del fiscal compact e dei trattati di Maastricht e Lisbona, dal supergoverno della Troika.
Tutto questo è precipitato su una democrazia già devastata da venti anni di berlusconismo e da un contrasto subalterno ad esso, quale quello condotto dal centrosinistra e dalla grande stampa. L’antiberlusconismo ha spesso mutuato dal suo avversario i principi di fondo, quali il maggioritario e la governabilità, la centralità del mercato e il liberismo, le privatizzazioni e l’anticomunismo. A volte è sembrato che l’accusa principale a Berlusconi sia stata quella di non essere un vero liberale di destra.
Anche per queste ragioni la domanda di cambiamento e rottura in Italia si è rivolta in gran parte al M5S. Essa esprime un bisogno di rottura democratica giusto, ma insufficiente. Non ci sarà vera trasformazione democratica senza una profonda e radicale trasformazione sociale. I poteri del capitalismo globalizzato e della casta sono intrecciati tra loro in un sistema oligarchico di potere che governa anche il senso comune con i grandi mezzi di comunicazione di massa. Se non si rovescia il potere di questa oligarchia, le rotture dei privilegi della casta saranno marginali e di puro effetto mediatico, il potere vero sopravviverà e riderà di noi.
Il cambiamento non si realizzerà se la lotta contro le caste burocratiche non sarà parte di quelle contro lo sfruttamento del lavoro e la devastazione della natura, contro la mercificazione delle vite e la disuguaglianza sociale, contro il patriarcato e la violenza maschile contro le donne.
Agli inizi del nuovo secolo il grande movimento che portò alle giornate di Genova sembrava aver individuato la strada della costruzione di un soggetto politico anticapitalista di massa, nel quale tutti i conflitti potessero liberamente riconoscersi. La catastrofica esperienza della partecipazione della sinistra radicale al governo Prodi ha distrutto questo percorso.
Un soggetto anticapitalista di massa non può che essere alternativo sia al social-liberismo del centrosinistra, sia al conservatorismo del centrodestra, che in Italia ed in Europa – a volte in alternanza, a volte proprio assieme – governano con le stesse politiche economiche e sociali. I
Privatizzazioni, flessibilità e precarietà del lavoro, tagli progressivi alla scuola pubblica alle pensioni e allo stato sociale, sono scelte comuni a questi due schieramenti; come dimostra il governo Monti, che ha distrutto le pensioni e l’articolo 18 con il sostegno di entrambi e il silenzio dei grandi sindacati.
La concertazione sindacale ha accompagnato e cogestito la regressione sociale e dei diritti del lavoro. Per questo una alternativa radicale alle politiche liberiste passa anche attraverso la la lotta per restituire a lavoratrici e lavoratori un grande movimento sindacale di classe, democratico e indipendente dai partiti.
Alternativa oggi vuol dire prima di tutto NO all’Europa del fiscal compact e dell’austerità imposta dai trattati e dai loro vincoli. Bisogna dire NO ora alle missioni di guerra e alla Nato.
Alternativa oggi vuol che dopo trenta anni di politiche liberiste prima di tutto bisogna distruggere la disoccupazione di massa.
Alternativa significa il rifiuto del vincolo del debito, la nazionalizzazione e la socializzazione delle banche e delle imprese strategiche, l’istituzione di poteri democratici reali e diffusi nei luoghi di lavoro, nel territorio, nelle istituzioni. Ci vuole un piano di grandi interventi pubblici per milioni di piccole opere, cancellando tutte le TAV che distruggono ambiente e lavoro.
Alternativa significa la costruzione, la difesa, la riappropriazione e gestione sociale dei beni comuni, contro la mercificazione delle vite, dell’ambiente e della salute, della conoscenza.
Alternativa, perché bisogna riprendere la marcia verso l’eguaglianza sociale partendo dalla riduzione generalizzata degli orari di lavoro, dall’abbassamento della età della pensione, dalla cancellazione delle leggi sulla precarietà, e di quelle sullo schiavismo e la criminalizzazione dei migranti.
Alternativa perché ci vuole una grande redistribuzione della ricchezza verso il basso, con un generale ed egualitario incremento delle retribuzioni e delle pensioni più basse, e con la istituzione di un reddito minimo garantito.
Alternativa, perché nulla di tutto questo potrà essere realizzato con le vecchie classi politiche di destra e di sinistra e con l’attuale sistema di concertazione burocratica sindacale.
Alternativa, perché un movimento politico anticapitalista è necessario per ricostruire forza e unità in tutto il mondo oppresso e disperso dalla precarizzazione devastante che ha imperversato in questi venti anni.
Noi siamo con quella grande maggioranza che oggi paga la crisi, dal lavoro dipendente privato e pubblico al lavoro autonomo e parasubordinato, al precariato diffuso manuale ed intellettuale, al popolo delle grandi periferie metropolitane, agli immigrati, alle donne espulse dal lavoro e colpite dai tagli allo stato sociale.
Noi siamo con le popolazioni del Meridione, che pagano due volte la crisi e che non vogliono precipitare nella desertificazione economica e sociale, nel non lavoro, nello sfruttamento schiavistico dei migranti e nella nuova emigrazione.
Noi lottiamo per la costruzione di una rappresentanza politica che non abbia come prima e unica ragione la presenza nelle istituzioni, ma che sia strumento della ricomposizione e organizzazione conflittuale del blocco sociale degli oppressi. Nessuno si deve più vergognare e isolare per la sua povertà, solo le relazioni solidali e il conflitto rompono la solitudine.
Occorre rompere con ogni subalternità al centrosinistra, con l’opportunismo elettoralistico, ma anche con quei settarismi e quella frantumazione che hanno portato la sinistra comunista e anticapitalista italiana ad essere la più piccola e ininfluente dEuropa. Ci sono tante esperienze di sinistra alternativa che crescono in Europa. Esse ci dicono che la strada che vogliamo percorrere è praticabile, purché si abbia il coraggio di ripartire su nuove basi.
Proponiamo di costruire un movimento politico anticapitalista e libertario di donne e uomini che vogliono lottare, sulla base di un programma di alternativa economica, politica e culturale, con adesioni individuali e pratiche di democrazia realmente partecipativa, con un sistema di relazioni plurali ed aperte.Vogliamo costruire questo movimento ed il suo programma imparando dalle lotte sociali e delle esperienze concrete in atto. 


Continua a leggere il resto dell'appello
    
per aderire: http://perunmovimentoanticapitalista.wordpress.com/
Le/i promotori
Claudio Amato, militante sindacale Roma
Fabio Amato, attivista politico
Cesare Antetomaso, avvocato
Imma Barbarossa, femminista
Fulvio Beato, attivista sindacale S. Maria Capua Vetere
Sergio Bellavita, militante sindacale
Marco Benevento, rsu Alenia Thales Roma
Lina Gladys Bianconi, femminista
Carmela Bonvino, attivista sindacale Roma
Biagio Borretti, militante politico Napoli
Massimo Bortoloni, rsu Terna Lombardia
Franco Bruno, militante sindacale Napoli
Fabrizio Burattini, militante sindacale
Maria Grazia Campari, avvocata del lavoro
Sergio Cararo. attivista politico Roma
Carlo Carelli, rsu Unilever Lodi
Chiara Carratù. precaria scuola Cuneo
Mauro Casadio. attivista politico Roma
Giuseppe Catucci, militante sindacale Bari
Susi Ciolella, licenziata Alitalia
Eliana Como, militante sindacale Bergamo
Pino Commodari, funzionario Regione Calabria
Daniela Cortese, rsu Telecom Sparkle Roma
Giorgio Cremaschi, militante sindacale
Leonardo de Angelis, delegato Sistemi Informatici roma
Walter De Cesaris, militante politico
Carmine De Sio, operaio No Amianto Salerno
Domenico De Stradis, rsu FIAT Melfi
Vittoria Di Prizito, femminista insegnante
Giacomo Divizia, militante sindacale Cuneo
Nicoletta Dosio, movimento No Tav
Valerio Evangelisti, scrittore
Riccardo Faranda, avvocato del lavoro Roma
Eleonora Forenza, ricercatrice precaria, femminista
Michele Franco. attivista politico Napoli
Delia Fratucelli, delegata Poste Torino
Maurizio Fusà, delegato aziendale ASL RmB Roma
Lorenzo Giustolisi, insegnate precario Torino
Simone Grisa, militante sindacale Bergamo
Carlo Guglielmi, avvocato del lavoro Roma
Giusi Lazzaro, precaria scuola Roma
Tiziano Loreti, militante politico Bologna
Francesco Locantore, precario scuola Roma
Pasquale Loiacono, rsu Fiat Mirafiori
Valter Lorenzi, attivista politico Pisa
Aurelio Macciò, delegato Ministero della salute genova
Loredana Marino, precaria, attivista politica
Margherita Matteo, femminista Taranto
Patrizia Modesti, delegata Croce Rossa Roma
Antonio Moscato, docente storia del movimento operaio Macerata
Francesco Musumeci, medico Salerno
Alfio Nicotra, giornalista, pacifista
Gianluca Nigro, attivista antirazzista
Ferruccio Nobili, funzionario Provincia Roma
Massimo Paparella, militante sindacale Bari
Emidia Papi, militante sindacale
Tiziano Peracchi, rsu Mingazzini Parma
Francesco Piobbichi, attivista politico
Luigi Presutti, delegato assistenti traffico Roma
Ernesto Rascato, attivista politico Aversa
Giuliana Righi, militante sindacale, Bologna
Annamaria Rivera, femminista militante antirazzista
Daniela Rottoli, rsu San Raffaele Milano
Franco Russo, attivista politico Roma
Giovanni Russo Spena, attivista politico
Antonia Sani, docente, ass.ne per la democrazia costituzionale
Viviana Savino, precaria scuola Roma
Nando Simeone, militante politico
Mario Sinopoli, militante sindacale Calabria
Anita Sonego, femminista consigliera comunale Milano
Fabrizio Tomaselli, militante sindacale
Laura Tonoli, militante sindacale Brescia
Franco Turigliatto, militante politico Torino
Iacopo Venier, giornalista
Carlos Venturi, militante politico Bologna
Nico Vox, militante sindacale
Pasquale Voza, Università di Bari

lunedì 15 aprile 2013

Sinistra, l’anticapitalismo si dichiara



Venerdì, sarà resa pubblica una «dichiarazione comune» da parte di militanti politici e sindacali «per la ricostruzione di una sinistra anticapitalista». E’ un’operazione che nasce da settori del No Monti Day, la manifestazione del 27 novembre scorso che aveva aperto uno spazio pubblico per l’opposizione all’austerity “tradito” – come sarebbe toccato anche a “Cambiare si può” – dalla piega che avrebbe preso Rivoluzione civile, a sua volta soffocata nella culla da chi avrebbe voluto fare la ruota di scorta al Pd. Dopo la divaricazione dei partner di quella joint venture (De Magistris che punta a coinvolgere il Pd nella sua giunta, l’Idv verso il congresso, senza Di Pietro ma nell’alveo del centrosinistra, come la Rete di Orlando e l’Azione civile di Ingroia) per la sinistra antiliberista si è aperta una difficile stagione di ripensamento che potrebbe riservare nuovi episodi di rimescolamento. Le firme in calce alla “dichiarazione comune”, fra 48 ore, chiariranno i contorni di questo appello a ricomporre.
Sarà comunque un fine settimana intenso per tutto ciò che si muove a sinistra, fuori dal recinto del centrosinistra e del fiscal compact. Mentre Rifondazione comunista, in un albergo a Bologna, terrà sabato un seminario sul grillismo con relazioni importanti (Biorcio, Pucciarelli, Loris Caruso, Formenti, Mosca, Santoro, Varesi), Alba si interrogherà in un teatro di Firenze sulle occasioni fornite dallo sconquasso elettorale, sulla priorità di un’agenda per uscire dalla crisi e sulle tappe del percorso per un soggetto politico nuovo. Tra gli altri sono previsti contributi di Labate, Paul Ginsborg, Freccero, Bonomi, Viale, Musacchio, Baranes, Monica Pasquino, De Marzo, Formenti, Revelli, Rinaldini, Torelli.
Non distante, in un’aula universitaria, nascerà nello stesso giorno, il “Forum nazionale per una nuova finanza pubblica e sociale”, «Fuori dalla trappola del debito, riappropriamoci della ricchezza sociale!» dopo le assemblee di Roma (2 febbraio) e di Milano (16 marzo), Rivolta il debito, Attac, comitati, reti e cittadini attiveranno le campagne per l’audit locale sul debito e per la riappropriazione sociale della Cassa Depositi e Prestiti. In ordine sparso è ripartita la ricerca del “nuovo soggetto”.

venerdì 12 aprile 2013

Rifondazione: serve una svolta




dalla Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista

La fase di confusione che regna sul dopo elezioni conferma che non ci troviamo davanti ad una rivoluzione e all'apertura di una nuova fase ma piuttosto davanti alla crisi organica della Seconda Repubblica senza che sia presente una alternativa: noi vogliamo costruirla.

In primo luogo assistiamo al trionfo del politicismo da parte di tutti i soggetti in campo, vecchi e nuovi, con una discussione attorno al nodo del governo che si è rivelata in larga parte finta. Tutti stanno in realtà proseguendo la campagna elettorale e nello stesso tempo la vera posta in gioco su cui si misurano disponibilità ed alleanze è quella del Presidente della Repubblica. Il tema dei contenuti, dei problemi del paese, è del tutto secondario e per certi versi puramente strumentale.

In secondo luogo occorre sottolineare come le posizioni politiche di PD e M5S siano incapaci di fornire una risposta positiva di uscita dalla crisi e di valorizzare il positivo superamento del bipolarismo che le elezioni hanno determinato. E’ assai significativo che i temi della patrimoniale, del blocco dei licenziamenti o della messa in discussione dei trattati europei - a partire dal Fiscal Compact - non siano nemmeno emersi nella discussione. Nel confronto tra PD e grillini, da un lato la proposta del PD era del tutto inadeguata e dall'altro Grillo ha scelto la strada dell'arroccamento contro i partiti invece di aprire un confronto su proposte chiare da opporre al PD. Per altro verso Napolitano ha usato la situazione di stallo per determinare quella vera e propria forzatura costituzionale che è stata la nomina dei 10 "saggi", per riaprire la strada ad un governo di larghe intese che prelude alla prosecuzione delle politiche economiche neoliberiste e ad un ulteriore scardinamento della Costituzione. PD e M5S hanno così concorso pesantemente a determinare un quadro politico che – pur nella sua instabilità - è molto più arretrato di quanto aveva espresso il popolo italiano con il voto.

In parallelo alla vicenda parlamentare italiana stiamo assistendo all'ennesima catastrofica crisi finanziaria dell'area Euro che ha come epicentro - per ora - il sistema bancario cipriota. Nell'evidenziare il positivo ruolo di interdizione che hanno giocato i comunisti ciprioti di AKEL, che unitamente alle altre forze della sinistra sono riuscite a bloccare il primo piano della troica, dobbiamo registrare ancora una volta come le politiche proposte da Bruxelles sotto le direttive della Merkel - nella completa afasia del partito socialista europeo e di Hollande - siano completamente sbagliate e aggravino pesantemente la crisi.

Entrambi questi esempi - nazionale ed europeo - ci parlano della necessità di ridefinire e rafforzare una proposta antiliberista ed anticapitalista in Italia ed in Europa. Ci parlano della necessità di rafforzare il Partito della Sinistra europea, ci impongono una svolta nella vita di Rifondazione Comunista e ci chiedono di dar vita ad una sinistra di alternativa in Italia.

Questa situazione ci parla della contraddizione bruciante tra la necessità oggettiva dell’ alternativa e la nostra debolezza soggettiva, sottolineata dalla pesante sconfitta elettorale di Rivoluzione Civile. Il punto su cui riflettere a fondo riguarda quindi la possibilità di trasformare la necessità dell'alternativa nella maturità dell'alternativa.

La sconfitta elettorale non mette in discussione le ragioni dell'esistenza di Rifondazione Comunista ma ci obbliga ad una forte innovazione, ad una svolta. Non mette in discussione le ragioni dell'esistenza di Rifondazione innanzitutto perché il tema comunismo è più che mai attuale dentro questa crisi organica del capitale che mostra appieno la sua incapacità a dare una risposta alle domande di democrazia, giustizia sociale e sostenibilità ambientale. In secondo luogo perché Rifondazione Comunista rappresenta un tessuto di militanza e di intelligenza politica indispensabile per qualsiasi progetto di alternativa.

Per determinare la svolta abbiamo deciso di dar vita ad uno "Straordinario Congresso" da tenersi entro la fine dell'anno.

1)    Un congresso preceduto da una fase di riflessione aperta e approfondita sui nodi di fondo del nostro progetto politico, che sfoci in una conferenza programmatica entro l’estate. Per questo abbiamo deciso - a partire dalla presa d'atto della nostra sconfitta elettorale - che occorre definire meglio il nostro progetto, la nostra ragion d'essere, il nostro modo di funzionare, dando vita ad una vera e propria svolta. Si tratta di una discussione sui nodi di fondo della presenza comunista e della sinistra in Italia che parta dalla individuazione e dalla correzione dei nostri errori. Una discussione che  vogliamo fare con tutti e tutte coloro che sono interessati alla costruzione di una sinistra di alternativa. La Direzione nazionale invita tutti  i compagni e le compagne a partecipare ai seminari organizzati dalla commissione nazionale per il Congresso ed invita le Federazioni e i Circoli ad organizzare in sede locale momenti di approfondimento specifico.

2)    L'attività di riflessione teorica si deve però coniugare con una discussione di fondo sul nostro modo di essere, di funzionare e con il necessario rinnovamento dei gruppi dirigenti. A partire dalla pesantezza della crisi, dalla difficoltà ad organizzare una adeguata risposta popolare alle politiche neoliberiste, dal venir meno di ogni finanziamento pubblico, occorre ridefinire completamente il modo di funzionare del partito per renderlo efficace e sostenibile nel tempo. Occorre ridefinire i punti centrali di iniziativa politica: dal radicamento sociale a partire dai luoghi di lavoro, alla capacità di costruire conflitto sociale, collegamento tra le lotte, generalizzare le esperienze di mutualismo e solidarietà dal basso, per arrivare ad una più efficace e costante iniziativa sul terreno culturale come su quello della formazione e della comunicazione. Occorre rifondare la struttura organizzativa del PRC, ripensandola radicalmente.

3)    La rifondazione teorica e organizzativa di Rifondazione si coniuga nel nostro progetto politico con la proposta di fondare un soggetto politico unitario della sinistra di alternativa, costruito dal basso in forme democratiche e partecipate, nei termini descritti nella lettera aperta ai compagni e alle compagne di sinistra. Il rilancio di Rifondazione Comunista deve procedere parallelamente alla costruzione, anche in Italia, di una forte sinistra antiliberista, che trovi nella Sinistra Europea e nel Socialismo del XXI Secolo il suo naturale punto di riferimento. Tale proposta è ispirata dalla disponibilità del PRC a cedere la propria sovranità sul piano della rappresentanza elettorale ad un soggetto politico unitario della sinistra che sappia mettere al centro contenuti di lotta e programma di uscita da sinistra dalla crisi, senza più cadere nella logica e nelle lusinghe del sistema maggioritario e bipolare, che per sua natura tende a dividere e condannare la sinistra all'impotenza sia nella collocazione interna sia in quella esterna al centrosinistra. La proposta non è quindi volta a dettare condizioni o a erigere steccati di nessun tipo. Allo stesso tempo prende atto e cerca di superare, anche in senso autocritico, i limiti e gli errori che hanno determinato il fallimento, fino ad oggi, di tutti i progetti politici ed organizzativi che si proponevano l'unità della sinistra. In particolare l'idea che si potesse promuovere l'unità dall'alto, con accordi pattizi fra gruppi dirigenti, e quella secondo la quale ogni unità doveva essere preceduta dallo scioglimento previo dei soggetti politici esistenti, che ha sempre e solo provocato scissioni ed ulteriore frammentazione.

La Direzione nazionale ritiene altresì necessario intrecciare questa attività di riflessione e di approfondimento con la ripresa dell'iniziativa politica e propone quindi a tutto il Partito:

1) Un forte impegno nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del prossimo 26/27 maggio a partire dalle realtà più importanti come quella di Roma. La nostra presentazione alle elezioni, in quasiasi forma avvenga, deve avere al centro punti programmatici discriminanti come la difesa dei servizi pubblici locali contro le privatizzazioni, il ruolo delle istituzioni locali contro la crisi e per un welfare di prossimità a favore dei cittadini più deboli, per la democrazia partecipativa contro la riforma liberista degli EELL.
2) Una campagna politica, che facendo leva sulla distanza tra il palazzo e i problemi della gente, rilanci le nostre proposte politiche sul terreno sociale così come il tema del proporzionale, contro le ipotesi di ulteriore riduzione degli spazi democratici e ristrutturazione regressiva del sistema politico – istituzionale.

3) Un forte impegno nella campagna referendaria di Bologna contro il finanziamento pubblico delle scuole private previsto per il 26 maggio.

4) La rimessa al centro del nostro lavoro politico il tema della ripresa del conflitto sociale. Abbiamo sottolineato il peso nello stesso esito elettorale dell’assenza di conflitto sociale nel paese e su questo dobbiamo agire sia localmente, sia operando per la piena riuscita della manifestazione nazionale indetta dalla Fiom per il 18 maggio p.v. In questo quadro la Direzione nazionale ritiene necessario aprire immediatamente la discussione sul prossimo congresso della Cgil tra i compagni e le compagne iscritte, al fine di favorire la costruzione di una sinistra sindacale che proponga un netto cambio di indirizzo politico e sindacale.

5) L'organizzazione su tutto il territorio nazionale di assemblee sulla costruzione della sinistra di alternativa, a partire dalla lettera aperta approvata da questa direzione, che coinvolgano il complesso degli interlocutori - individuali e collettivi - della sinistra.

6) L'organizzazione entro le metà di aprile di una prima riunione dei segretari regionali sull'autoriforma del partito che apra – in rapporto con la Commissione Politica per il Congresso - un ampio percorso di discussione finalizzato all’organizzazione di un appuntamento nazionale in cui si ridefinisca la struttura, il modo di funzionamento del partito, le forme di autofinanziamento.

7) Il lancio su tutto il territorio nazionale della campagna di tesseramento al Partito della Rifondazione Comunista per il 2013.

In questo quadro di ripresa del lavoro politico, particolare attenzione e cura deve essere dedicata ai compagni e alle compagne e al partito in quanto tale. Per questo, oltre agli attivi e alle assemblee già convocate ed in via di convocazione, la Direzione Nazionale decide di aprire sul sito del partito due spazi di confronto orizzontale, che superino ogni barriera gerarchica e territoriale. In primo luogo uno spazio di confronto tra i compagni e le compagne sulla politica, a partire dai documenti approvati da questa direzione nazionale. In secondo luogo uno spazio di socializzazione delle pratiche del partito dai circoli alle federazioni ai regionali.

Su questa strada di rifondazione della rifondazione, la Direzione Nazionale decide di convocare per il 5 maggio una assemblea nazionale dei segretari di circolo.

Lettera aperta alle compagne e ai compagni della sinistra.
Care compagne e compagni,
le frammentazioni e la divisione della sinistra italiana sono l’esito della radicale sconfitta sociale e politica degli ultimi decenni, ma anche dei nostri errori soggettivi.
La ristrutturazione capitalistica prima e la crisi economica poi hanno causato un'impressionante regressione delle condizioni di vita delle persone, una crisi sociale che - al contrario di quanto accade in altri paesi europei e nonostante l'aggressione a diritti fondamentali conquistati in un secolo di lotte - non ha prodotto un conflitto sociale adeguato alla fase, anzi, si è determinata una vera e propria eclissi delle organizzazioni di massa. Solitudine, isolamento e un profondo sentimento di impotenza delle lotte difensive costrette a manifestarsi nelle forme più estreme, ne sono la conseguenza.
La medesima ristrutturazione ha investito il sistema politico-istituzionale: l’introduzione del sistema maggioritario e del bipolarismo ha condannato le forze e le culture di sinistra, a dover scegliere ad ogni appuntamento elettorale tra l’impotenza dentro il centrosinistra egemonizzato dal pensiero neoliberista e la testimonianza ininfluente all’opposizione, in un processo di continua erosione della propria credibilità.
Per altro verso i tentativi di riaggregazione che in questi anni abbiamo insistito a promuovere sono stati viziati da limiti soggettivi relativi alla natura stessa dei processi unitari messi in campo. Non si può costruire l’unità a partire da accordi di vertice fra organizzazioni ed aggregazioni che nel corso del tempo si sono divise, senza percorsi reali di condivisione democratica e partecipata di contenuti e priorità. Non si può costruire l’unità solo sulla base delle scadenze elettorali e meno ancora con l’unico obiettivo di superare quorum e sbarramenti con liste improvvisate ed espressione di equilibri incomprensibili ai più. Non si può costruire l’unità sulla base di pregiudiziali ideologiche od organizzative tese a pretendere scioglimenti, abiure ed ulteriori divisioni nelle già troppe organizzazioni esistenti.
Riteniamo sia necessario fare un salto di qualità che non ripeta gli errori del passato.
Per questi motivi la Direzione del PRC ritiene - autocriticamente e conscia dei propri limiti e della propria non autosufficienza - di offrire ad una libera discussione, non predefinita negli esisti, alcune idee che ritiene utili per poter determinare il salto di qualità che tutte e tutti sentono necessario.
1.      sarebbe necessario avviare un processo fondativo di un soggetto politico unitario della sinistra sulla base della costruzione di una piattaforma antiliberista che delinei l’uscita a sinistra dalla crisi, che si connoti per l’autonomia e l’alterità rispetto al centrosinistra, per l’esplicito collegamento con tutto il sindacalismo di classe e i movimenti di trasformazione,  per il riferimento in Europa alla Sinistra Europea e al GUE.
2.      sarebbe importante che tale soggetto assumesse come centrale una piattaforma per la ricostruzione della sovranità popolare e la rifondazione democratica di ogni ambito della vita sociale e politica. Dalla democrazia nei luoghi di lavoro, allo sviluppo della democrazia partecipativa e diretta, alla ripresa di un’iniziativa costante per il sistema proporzionale sul terreno della democrazia rappresentativa.
3.      è indispensabile che il processo di costruzione di tale soggetto, non avvenga in modo  verticista e pattizio ma attraverso il coinvolgimento democratico e partecipato di tutte le persone concordi con gli obiettivi unitari, sulla base del principio una testa un voto. Che il soggetto unitario abbia piena titolarità sulla rappresentanza elettorale. Che le forze organizzate, locali e nazionali, che scelgano di attivarsi per il processo unitario senza sciogliersi, si impegnino a non esercitare vincoli di mandato ed a garantire la libera scelta individuale nell’adesione al nuovo soggetto politico da parte dei propri iscritti e iscritte.
E’ questa la proposta che mettiamo a disposizione del confronto a sinistra, nella convinzione che il popolo della sinistra debba e possa  costruire un nuovo soggetto politico unitario per la lotta, la partecipazione, la trasformazione.

giovedì 11 aprile 2013

No alla tortura, perché non accada più



di Patrizia Moretti
Presidentessa Associazione Federico Aldrovandi

Subito dopo la sentenza definitiva di condanna per l’omicidio di Federico Aldrovandi il Comitato Verità per Aldro, ora costituitosi in Associazione, ha deciso di unirsi alle iniziative per l’introduzione del reato di tortura in Italia, proponendo l’anno scorso una raccolta di firme diffusa da Avaaz che ha superato le 100.000 adesioni in una sola settimana.
Ci siamo così affiancati nella battaglia portata avanti da anni da organizzazioni umanitarie quali Amnesty International, Antigone e a molte associazioni fra quelle promotrici, oggi, della campagna delle tre proposte di legge di iniziativa popolare su Tortura, Carceri e Droghe.
Quando, insieme agli amici di Federico e a coloro che ci hanno sostenuto in questi anni, abbiamo deciso di costituire l’associazione non vi era infatti solo la volontà di ricordare un ragazzo che ha perso la vita tornando a casa per mano di chi avrebbe dovuto proteggerlo. C’era anche l’impegno a fare in modo che, per quanto possibile, ciò che è successo a Federico non potesse più accadere.
Il significato della nostra adesione alla raccolta firme che parte in questi giorni in tutta Italia è quindi nel testo dello striscione che ha accompagnato ogni nostra manifestazione in questi otto anni di ricerca di giustizia: «Per quello che non doveva succedere, per quello che non è ancora successo, perché non accada mai più».
Sembrerebbe quasi superfluo ricordare come l’introduzione della norma nel codice penale sia la naturale conseguenza della ratifica di trattati internazionali adottati da tutti i paesi civili, compreso il nostro. Ma la ratifica italiana risale al 1989 e da allora nessun Parlamento è riuscito ad introdurre nel nostro codice penale il testo che definisce crimini specifici commessi da appartenenti alle forze dell’ordine. Troppi sono i casi in Italia rimasti senza giustizia per l’assenza della definizione giuridica di tortura nel nostro codice.
L’introduzione del reato, non solo qualificherebbe il nostro sistema giuridico come democratico, ma avrebbe come primo risultato pratico un sicuro effetto deterrente; «perché non accada mai più», appunto.
Il sostegno dell’Associazione Federico Aldrovandi trova quindi il proprio primo fondamento in questa proposta di legge, ma si estende alle successive due proposte considerandole alta espressione di civiltà. Riteniamo infatti altrettanto importante ripristinare la legalità costituzionale nelle carceri, dove il sopruso contro la dignità delle persone è quotidiano, e abolire le parti più odiose e criminogene di due leggi fallimentari, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, fulcro della repressione di questi anni.
Saremo quindi impegnati in questi mesi, raccogliendo firme e promuovendo iniziative. Ma ci sentiremo impegnati anche dopo, vigilando affinché in Parlamento, una volta tanto, venga colta l’opportunità resa possibile dalle migliaia di adesioni che ci auguriamo si esprimeranno in questi mesi, consentendo finalmente al nostro paese di fare un passo avanti per l’affermazione dei diritti umani.
Info sulla campagna delle tre leggi: www.3leggi.it

Prc, una lettera "ai compagni e alle compagne" per costruire un soggetto politico unitario


“Avviare un processo “fondativo di un soggetto politico unitario della sinistra”. E’ in sintesi il contenuto di una lettera aperta “alle compagne e ai compagni della sinistra” firmata, in chiave autocritica, dalla direzione nazionale del Prc. La lettera, che parte dalla constatazione delle frammentazioni e della divisione della sinistra italiana, giudicate come “l’esito della radicale sconfitta sociale e politica degli ultimi decenni, ma anche dei nostri errori soggettivi”, contiene una proposta in tre punti. Innanzitutto, costruzione di un soggetto politico unitario della sinistra, appunto, “sulla base della costruzione di una piattaforma antiliberista che delinei l’uscita a sinistra dalla crisi”, “e si connoti per l’autonomia e l’alterità rispetto al centrosinistra, per l’esplicito collegamento con tutto il sindacalismo di classe e i movimenti di trasformazione, per il riferimento in Europa alla Sinistra europea e al Gue”; secondo, “una piattaforma per la ricostruzione della sovranità popolare e la rifondazione democratica di ogni ambito della vita sociale e politica”. “Dalla democrazia nei luoghi di lavoro, allo sviluppo della democrazia partecipativa e diretta – si legge ancora nel testo della lettera - alla ripresa di un’iniziativa costante per il sistema proporzionale sul terreno della democrazia rappresentativa”; terzo, “è indispensabile che il processo di costruzione di tale soggetto, non avvenga in modo verticista e pattizio ma attraverso il coinvolgimento democratico e partecipato di tutte le persone concordi con gli obiettivi unitari, sulla base del principio una testa un voto”. Insomma, un soggetto unitario che “abbia piena titolarità sulla rappresentanza elettorale”. Le forze organizzate, locali e nazionali, che scelgano di attivarsi per il processo unitario “senza sciogliersi”, si dovrebbero poi impegnare “a non esercitare vincoli di mandato ed a garantire la libera scelta individuale nell’adesione al nuovo soggetto politico da parte dei propri iscritti e iscritte”. Per il Prc, infatti, “non si può costruire l’unità sulla base di pregiudiziali ideologiche od organizzative tese a pretendere scioglimenti, abiure ed ulteriori divisioni nelle già troppe organizzazioni esistenti. Riteniamo sia necessario fare un salto di qualità che non ripeta gli errori del passato”.

mercoledì 10 aprile 2013

Tutti condannati. Anche Stefano




di Ilaria Cucchi

La PM Loy durante la requisitoria afferma che ‘Stefano Cucchi, lungi dall’essere persona sana e sportiva (come invece sostengono gli stessi periti della corte) era invece un tossico dipendente da vent’anni (cioè dall’età di undici anni)’.
Ora capisco da chi ha saputo l’On. Giovanardi che mio fratello era uno ‘zombie sieropositivo’. Perché evidente…mente per lo Stato mio fratello era questo.
Poco contano le decine di testimonianze che affermano che Stefano stava bene e faceva tapirulan un’ora prima del suo arresto. Poco conta che nelle sue urine non vi erano tracce di droga.

Lui era un morto che camminava. Ed era ‘cafone ed arrogante’ perché era in crisi di astinenza. Non perché massacrato di botte.
Ed è morto perché drogato.
È morto per colpa sua.
E noi suoi complici.
Comprendo perfettamente tutte le famiglie che rinunciano ad avere un processo.

venerdì 5 aprile 2013

Mozione "Internet bene comune"


Il Partito della Rifondazione Comunista di Assisi propone al Consiglio Comunale di discutere la seguente mozione:

MOZIONE

Oggetto: Inserimento di “Internet bene comune ” nello Statuto del Comune di ASSISI

Premesso che
internet è uno strumento che ha rivoluzionato il modo di comunicare e di relazionarsi;
internet ha modificato gli stili di vita di gran parte della popolazione mondiale;
internet ha un ruolo fondamentale come strumento di emancipazione individuale e di massa, 
favorendo la conoscenza, l’informazione, il confronto;
internet favorisce processi di democratizzazione reale, di sviluppo sociale ed economico;
internet è un indiscusso strumento di libertà e di uguaglianza;

SI PROPONE

che internet sia riconosciuto come elemento positivo e qualificante della vita, che soddisfa i 
bisogni primari del sapere e della conoscenza. Che, pertanto, internet sia universalmente 
dichiarato un “bene comune”.
Per far ciò il Consiglio Comunale di Assisi si impegna ad inserire il concetto di “Internet Bene 
Comune” nel proprio Statuto e inoltre si impegna, per quanto di sua competenza, a 
potenziare le infrastrutture di rete e l’accessibilità alle informazioni per mezzo della stessa.