di Franco Cesario
Che il Tar dell’Umbria abbia accettato o meno il ricorso
(non tenendo conto della sentenza del Tar del Lazio che da molti è considerato
come un tribunale che fa giurisprudenza nazionale più di altri) fatto per far
si che fossero rispettate le quote di genere nella composizione della giunta
del comune di Assisi, la battaglia affrontata in questi mesi è stata una lotta
importante e dirimente, ideologica nel senso puro del termine ma non
strumentale e di questo ogni cittadino democratico e progressista ne è convinto.
Ce lo dice la storia del nostro
paese, fatta di abusi e soprusi nei confronti delle donne, di continue
umiliazioni sul posto di lavoro e ce lo dice anche il perdurare della loro
marginalizzazione nei posti di potere sia pubblici che privati.
Un dato di fatto, però, esiste:
la legge n. 215 del 26 dicembre 2012 (su cui si basa tra l’altro una delle
motivazioni principali con cui il Tar ha respinto il ricorso).
Essa stabilisce, tra le altre
cose, un termine di 6 mesi per adeguare gli statuti comunali in modo che essi
garantiscano una adeguata quota di genere nelle giunte e negli organismi delle
partecipate del comune fino ad arrivare ad percentuale minima di 60 e 40:
questo termine perentorio scadeva ieri 26 giugno 2013.
Il comune di Assisi, la sua amministrazione
così solerte e ligia alle leggi, seppur impegnata a risolvere tutti i casi che
si presentano nel territorio, ha adempiuto a questo obbligo di legge?
Crediamo proprio di no e questo
conferma il totale disinteresse della giunta alle questioni di genere e
conferma che la nostra battaglia era e continua ad essere più che fondata.
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