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Il Blog di Rifondazione Comunista di Assisi


venerdì 21 giugno 2013

I firmatari del ricorso sulle quote di genere: ricorreremo al Consiglio di Stato.




Ospitiamo un comunicato dei firmatari del ricorso per le quote di genere contro il Comune di Assisi:

Una cosa è certa: ricorreremo al Consiglio di Stato. Ieri, 20 giugno, è stata depositata la sentenza relativa al secondo ricorso sulle quote rosa nella giunta del Comune di Assisi. Una sentenza che lascia interdetti, dal momento che il Tar dell’Umbria ha adottato un provvedimento in totale controtendenza con la giurisprudenza e la legislazione più recente.

Un provvedimento che stride fortemente, per di più, con quanto deciso recentemente dal Tar del Lazio che, bocciando la giunta di Civitavecchia, ha messo in guardia presidenti di regione e sindaci, sostenendo che per rispettare la parità non basta avere una donna, ma serve almeno il 40 per cento di donne nell’esecutivo. E questo indipendentemente da ciò che dice lo Statuto regionale o del comune. Una posizione rafforzata ulteriormente anche dall’entrata in vigore del Dpr 251 del 30 novembre 2012, a cui va riconosciuta una portata chiarificatrice e che ha esteso il discorso sulle quote rosa anche alle liste elettorali e alle società partecipate dal pubblico.

Evidentemente il Tar dell’Umbria non ha ritenuto doveroso tenere conto delle scelte in materia di pari opportunità che si stanno ormai diffondendo a macchia d’olio in Italia, nazione che deve recuperare un grande ritardo in tema di parità. Ha preferito continuare a ritenere che la politica sia un ambito destinato all’azione dei soli uomini, mentre le donne devono continuare ad accontentarsi esclusivamente della promozione di fumose iniziative che tendono al riequilibrio di genere.

Sembra incredibile, ma la sentenza del Tar dell’Umbria non considera “obbligatori” elementari principi di matrice costituzionale e comunitaria che, oltre a essere posti a tutela delle donne, garantiscono alle città organi di governo che rappresentino adeguatamente la sensibilità della cittadinanza, composta come noto da donne e uomini. Si arriva a teorizzare che la politica non debba premiare il merito e le capacità, ma altri imprescrutabili fattori.

Il Tar dell’Umbria, con questa sentenza, è riuscito solamente ad avallare il grado di arretratezza di chi, a destra come a sinistra - e nel nostro caso il sindaco di centrodestra Claudio Ricci - ancora mette in dubbio che una donna possa avere capacità dirigenziali e organizzative pari o superiori a quelle di un uomo.

Poiché siamo convinti che la battaglia per la rappresentanza di genere paritaria sia una battaglia di democrazia che tutte le donne e tutti gli uomini delle istituzioni devono combattere insieme, al di là di ogni appartenenza politica, non riuscendo a far valere i nostri più elementari diritti nella nostra regione, usciremo dunque dai confini dell’Umbria per avere giustizia.



I firmatari del ricorso

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