Il turismo è il settore più importante dell’economia di Assisi, il nostro petrolio (molto meno inquinante e per il quale mai nessuno farà, almeno speriamo, una guerra…).
Semplificare con toni trionfalistici, tendenti a dipingere la situazione sempre rosea e sotto controllo non è utile allo sviluppo economico della città.
Né tanto meno il turismo può essere terreno di scontro tra le varie fazioni di un sempre più diviso PdL (nonostante la millantata grande unità di intenti sbandierata dal segretario comunale del partito di maggioranza relativa in consiglio comunale).
Nello specifico delle questioni, restiamo contrari alla tassa di soggiorno perché è un balzello che rischierebbe di comprimere ancor di più le visite e avrebbe effetti negativi sugli operatori con pesanti ricadute sui livelli occupazionali del settore.
Per quanto riguarda il resto manca, purtroppo, a nostro avviso, una vera strategia di insieme, una programmazione a lunga scadenza non basata sulle emergenze e sui capricci del momento; riteniamo utile, invece, creare eventi di rilievo internazionale con cadenza annuale e con una grande valenza culturale per dare ad Assisi una nuova immagine non solo legata al mordi e fuggi e al solo turismo religioso (divenuto, ormai è chiaro, insufficiente se resta il solo elemento distintivo riconoscibile della nostra città).
E' necessario, quindi, puntare su altri ambiti: il turismo basato sulla tutela ambientale (S.Francesco, tra l'altro è patrono dell’ecologia), sulla valorizzazione delle tante bellezze infrastrutturali intese in senso artistico e non solo spirituale, nel far divenire Assisi una delle capitali del buon mangiare “alla umbra” (una delle cucine più gustose e ricche d’Italia) e ovviamente cominciare finalmente una stretta e concreta collaborazione con l’aeroporto di S.Egidio che da pochi mesi porta il nome del nostro santo poverello.
Senza dimenticare che Assisi è la città della marcia della Pace, evento tra i più importanti a livello mondiale nel campo della solidarietà e della tolleranza fra i popoli.
Diversificazione è la parola chiave che deve divenire un mantra per i nostri, fino ad ora incapaci, amministratori.
Assisi è si un motore indispensabile per l’intera Regione ma oggi non è più possibile mettere in campo delle strategie scollegate e solitarie vivendo una condizione di beato (ma non produttivo) isolamento con le altre realtà turistiche umbre.
Non basta puntare sulla scadenza del 2019 per farsi eleggere insieme a Perugia (probabilità purtroppo remota) capitale europea della cultura (tra l'altro ci sono dubbi se il regolamento preveda la possibilità di candidature congiunte con altre città).
Puntare ad essere il fulcro turistico umbro è legittimo ed auspicabile ma ciò deve essere fatto interagendo e traendo opportunità dalla promozione congiunta di politiche del turismo e della gestione del patrimonio artistico e dalla vicinanza alle tante altre attrattive del nostro territorio regionale.
La distruzione dell’Euro da parte del gotha della finanza mondiale parte da molto lontano.
RispondiEliminaL’assenza della Gran Bretagna dalla costituzione dell’unione monetaria europea è stata molto pesante, e ingenera il sospetto fondato che da lì sia cominciata l’inizio della fine della tribolata vita dell’euro.
Gli Usa nel 1989, in combutta con la chiesa, fecero cadere il muro di Berlino e di fatto accelerarono la creazione dell’euro e la riunificazione delle due Germanie per depotenziare il marco (che allora era molto più forte del dollaro), confermando la loro vocazione al vivere alle spalle delle popolazioni mondiali, sfruttando tutto lo sfruttabile per vivere al di sopra delle proprie possibilità senza curarsi minimamente di ciò che gli succede intorno.
Nel primo decennio degli anni 2000 gli Stati Uniti hanno cambiato strategia: visto l’emergere della nuova potenza economica cinese, la stanno obbligando a sostenere la loro economia in declino, sempre pronti a scatenare una guerra per poter smaltire i propri arsenali pieni favorendo le lobbies delle armi che in Usa determinano ed influenzano i governi solo nominalmente democraticamente eletti.
Così facendo limita automaticamente lo “sbarco” della Cina in Europa, cercando di alimentare caos all’interno del paese del dragone mascherandole da rivolte interne per i diritti civili mentre lo scopo nemmeno tanto recondito è quello di creare degli stati cuscinetto e creando in questi stati una cultura protezionistica in modo che, da un lato, si distrugga l’euro, ora non più funzionale agli scopi americani, e dall’altro di distruggere politicamente la forza emergente cinese.
Probabilmente gli Stati Uniti useranno Israele per scatenare una nuova guerra, magari contro il vicino Iran facendo finta di avere un ruolo di pacificatore e poi intervenendo in favore della “democrazia” sionista, in modo da salvare, in tre mosse, i debiti e bloccare di nuovo il mondo sotto il suo giogo.
In sintesi ecco la strategia di Washington:
1) distruggere l’euro salvando il fedele alleato britannico;
2) bloccare l’espansione in Europa della Cina accaparrandosi le risorse industriali (vedi Fiat e Finmeccanica) e le nostre migliori menti;
3) creare altri debiti a tutte le nazioni coinvolte in questa interminabile mattanza.
Giampiero
NEW YORK – Dopo aver ispirato la recente «svolta Rooseveltiana» del presidente Barack Obama in Kansas, Occupy Wall Street (Ows) organizza massicce proteste per bloccare i porti della West Coast, da Oakland a Portland a Vancouver, minacciando persino di rovinare la festa al partito dell’asinello alla prossima Convention democratica del 2012. «Dopo gli sfratti e con l’arrivo dei rigori invernali il movimento è più forte che mai - spiega al Corriere il 58enne docente di Princeton Cornel West -. Il potere può sfrattare corpi, non un’idea, una visione, un magnifico risveglio collettivo delle coscienze democratiche che ha contagiato ogni angolo del Paese. Il genio è uscito dalla bottiglia e non puoi più farlo rientrare».
RispondiEliminaLaurea magna cum laude a Harvard conseguita in tre anni, una carriera accademica in università quali Yale e la Sorbona, trenta libri tra cui La Razza Conta (Feltrinelli) e La Filosofia Americana (Editori Riuniti), 25 film e tre album parlati, (di cui uno, Never Forget, con Prince) il filosofo-scrittore-critico-attore-attivista West è, insieme a Henry Louis Gates Jr. il più autorevole intellettuale nero d’America. Ciò non gli ha impedito di finire per ben due volte dentro, il 16 ottobre a Washington durante una manifestazione di Occupy D.C. e cinque giorni dopo ad Harlem mentre protestava con i giovani di OWS. «Ho partecipato a tanti raduni del movimento, da Amsterdam a Seattle, da Oakland a San Francisco e Portland - spiega West -, nessuno prima di me aveva portato la protesta in un scalino tanto alto della Corte Suprema di Washington».
RispondiEliminaChe cosa intende dire?
«Pochi sanno che non esiste la libertà di parola sui gradini della Corte Suprema, dove è vietato protestare. Mi hanno arrestato perché ho osato improvvisarvi un’arringa».
Come l’hanno trattata in carcere?
«A Washington sono rimasto in una cella sovraffollata per 25 ore, senza cibo e solo un bicchiere d’acqua. Nella prigione di Harlem ci siamo divertiti a cantare e discutere di politica. L’America ha avuto due rivoluzioni: contro la monarchia nel 1775 e contro la schiavitù nel 1860. Questa è la terza rivoluzione americana: contro l’oligarchia».
Secondo alcuni analisti Ows rischia di essere spazzato via.
«Ma se ha già vinto nel modo in cui è riuscito a plasmare il dibattito pubblico! Oggi non c’è tv, giornale e candidato dell’establishment che non parli di avidità del capitalismo, redistribuzione della ricchezza e lobby compra-politica. Alle presidenziali del 2008 la parola-chiave dei candidati era middle class; oggi è povertà».
Secondo la scrittrice Naomi Wolf per guadagnare influenza e non morire il movimento deve registrare voti.
«Quell’argomentazione parte dal presupposto, errato, che l’unica politica vera è elettorale e ignora che esiste una politica della piazza, dei movimenti sociali e della disobbedienza civile. In un’America bipartisan in cui il Partito dei cattivi repubblicani e quello senza spina dorsale dei democratici sono entrambi legati ai plutocrati di Wall Street, vogliono farci credere che per essere rilevanti dovremmo assimilarci al loro sistema politico corrotto e disfunzionale».
Meglio creare un «partito» alternativo, allora?
RispondiElimina«Per mettere in crisi lo status quo, spingendo i politici a fare concessioni, basta una disobbedienza civile prolungata alla King Jr. I partiti rispondono solo se minacciati. E non parlo certo di violenza. Il futuro del movimento è come il jazz: meglio l’improvvisazione del dogmatismo».
Si possono paragonare movimento per i diritti civili e Ows?
«Certo. Ma mentre il primo aveva leader riconoscibili, l’avversione viscerale per le gerarchie tipica di Ows rende ciò impossibile. Un fatto secondo me positivo, perché manca una figura che potrebbe essere corrotta dall’establishment o perseguitata dalla polizia».
Come giudica l’operato di Bloomberg verso il movimento?
«Il sindaco newyorchese ha comperato le elezioni e il suo cuore batte per Wall Street. Anche se possiede una sensibilità libertaria, disprezza il movimento».
E il Presidente Obama?
«E’così abile che incorporerà sempre di più le tematiche di Ows, penserà che lo aiuteranno a vincere nel 2012. Gesti vuoti: il suo braccio destro resta Timothy Geithner, che, come rivela Ron Suskind in Confidence Men, è noto come il nostro uomo a Washington tra i big di Wall Street».
Come giudica la copertura dei media?
RispondiElimina«Il New York Times si è svegliato tardi ma grazie a Paul Krugman ha svolto un ruolo cruciale a favore del movimento. Le testate di Rupert Murdoch ci disprezzano».
Lei si sente la voce morale del movimento?
«No. Per usare un’altra metafora del jazz direi che sono una voce che s’intreccia alle altre, aiutandole ad essere ascoltate. Duke Ellington non sarebbe stato il duke senza Johnny Hodges e Brother Gonzales».
Esiste una colonna sonora del movimento?
«I tamburi che suonavano 24 ore al giorno a Zuccotti Park, scatenando polemiche perché troppo rumorosi. Quel drumming poliritmico non è riducibile ad alcun genere R&B, hip hop o rock. E’ una musica nuova e improvvisata che è qui per stare».