

Il Partito della Rifondazione Comunista di Assisi aderisce al flash mob di domenica 13 febbraio alle ore 16,30 in piazza del Comune ad Assisi centro.
Sentiamo la necessità di protestare contro la pericolosa deriva sessista che sempre più sta attanagliando il nostro paese.
L'Italia, oggi più che mai, rischia una seria decadenza sotto i colpi di un governo barbaro, incivile ed antipopolare; saremo in piazza per ristabilire la dignità di donne e uomini che hanno deciso di dire basta al sultanato instaurato da un pericoloso rais, un personaggio che pensa sia tutto a sua disposizione, la Magistratura, le donne, il potere.
Partecipare è importante perchè gli accadimenti di questi mesi potrebbero segnare una svolta definitiva nel comune sentire per quanto riguarda la mercificazione dei corpi, la svendita dei propri sogni, rappresentando il successo solo attraverso le famose "scorciatoie".
Il velinismo, introdotto subdolamente dal signor B, che fa dell'apparire e del consumismo la sua unica ragione di vita, nonostante il bombardamento mediatico che avviene ormai da anni sulle reti mediaset e per osmosi anche (purtroppo) in Rai, riguarda un minima parte delle donne.
Le donne lavorano, lottano ogni giorno, hanno maggiori difficoltà a trovare una occupazione nonostante migliori risultati in tutti i gradi di istruzione e che quando trovano un lavoro hanno peggiori stipendi a parità di mansioni e difficoltà nel momento in cui decidano di avere un figlio, senza nemmeno avere la possibilità di asili aziendali a cui affidarli senza pensieri.
Queste donne oggi dicono che loro non ci stanno a vedere andare a fondo il nostro paese.
E noi, uomini e donne del Prc, saremo al loro fianco.
di Eleonora Forenza (da Liberazione, 13 Febbraio 2011)
RispondiEliminaEh sì.. l’arrotino deve aver saputo che in piazza ci siamo anche noi, con le nostre parole e le nostre pratiche. Noi che vogliamo affilare le lame della nostra intelligenza e della nostra passione politica perché pensiamo che l’indignazione non basti per produrre una radicale trasormazione. Noi che in piazza porteremo l’ombrello rosso per ripararci dall’ombra, dall’ombra lunga del Cupolone. Noi che speriamo che mille riot ci aiutino a riannodare il filo della “rivoluzione più lunga”, quella femminista, che ha prodotto non solo un avanzamento dal punto di vista legislativo, ma soprattuto un radicale cambiamento nel senso comune: appunto una rivoluzione nella società, nella cultura, nella politca diffusa ancor prima che nelle istituzioni. Noi che, come scriveva Carla Lonzi, «cerchiamo l’autenticità del gesto di rivolta, e non lo sacrificheremo né all’organizzazione né al proselitismo». Tantomento al perbenismo.
Noi che siamo tutte egiziane, perché pensiamo che dalla società, e non dagli accordi di Palazzo, possa partire un cambiamento reale della politica. In Egitto come in Italia. E quindi sentiamo su di noi quotidianamente («se non sempre, quando?» recita giustamente il documento di alcuni collettivi femministi) la responsabilità di agire il cambiamento.
Noi che siamo tutte egiziane, perché non lasciamo sola nessuna, neanche la nipote di Mubarak. Perché rifiutiamo ogni distinzione tra donne perbene e donne permale.
Noi che non siamo indignate, ma furiose tutti i giorni, per i casi di femminicidio relegati alla cronaca nera.
Perché siamo precarie e vogliamo reddito per tutte. Perché siamo anziane, siamo giovani madri e la mancanza di welfare ci toglie libertà. Perché siamo lesbiche, e quindi ci tolgono diritti. Perché ci stuprano in casa, nei Cie, e rispondono “sicurezza”. Perché la violenza maschile è condotta di Stato.
No care, questa non è una mignottocrazia. Magari lo fosse!
No, il problema è il potere dei nani, non la premiata ”buona condotta” delle onorevoli ballerine. La regressione sociale, culturale, politica che viviamo si può capire davvero solo indagando il nesso fra neoliberismo autoritario e nuove forme del dominio maschile, tra crisi del capitalismo e crisi del patriarcato. Come il capitalismo, il maschile in crisi non smette di produrre dominio, anzi diviene più violento proprio perché non più egemone.
Sia chiaro: per noi la fine del governo Berlusconi è esigenza primaria. E infatti vogliamo uno sciopero generale (questo sì, se non ora, quando?)e generalizzato, diffuso, che blocchi i flussi di merci e i flussi di comunicazione, le strade, i binari. La nostra rivoluzione quotidiana non prevede deleghe, ma partecipazione e conflitto nella società, nei luoghi di studio, di lavoro, nei partiti, nelle case. Perché sappiamo che non basta mandare a casa Papi, ma occorre produrre un nuovo senso comune: Berlusconi è una icona del maschio italiano, il berlusconismo è un’autobiografia della nazione, dell’italietta sessista e perbenista. I corpi che diventano merce ci parlano non solo di un processo onnivoro di mercificazione, ma anche di una sessualità maschile incapace di relazione tra soggetti, e che ha bisogno di esibire potere, di renderti oggetto. Per noi la relazione tra i sessi è questione politica, e la questione morale non è indagine scandalistica nel privato, ma connessione tra personale e politico: è critica del potere, trasformazione della politica da luogo di dominio maschile in spazio pubblico, processo di liberazione di donne e uomini.
Vi chiediamo allora, quando passa l’arrotino, di non fare le brave bambine italiane, di non restare in casa, ma di scendere in piazza, affilare gioiosamente le lame, e andare ovunque. Dobbiamo far vibrare tutti i giorni questa oscena italietta con le nostre dita affilate, per etica della responsabilità e principio di piacere. La libertà è sempre nelle nostre mani. Per questo oggi, come sempre, siamo in piazza indecorose, libere e ribelli. Siamo tutte ladies riot, più autoderminate che mai.
ci sarò
RispondiEliminaFrancesca
anche io, cinzia
RispondiEliminaanche gli uomini dicono basta ecco perchè ci sarò, giampiero
RispondiEliminaavanti così
RispondiEliminamitici!
RispondiEliminaaderite sempre e proponete pure, bravi
RispondiElimina4 radical chic
RispondiEliminaradical chic sarai tu che preferisci lo schifo berlusconiano
RispondiEliminaROMA - "Se, nel Pdci, smarrimento c'è stato questo si è certamente fondato sulla gestione regionale di Roberto Carpinelli, e se un errorre il Pdci ha commesso è stato quello di pretendere ad ogni costo un posto nel listino per Carpinelli".
RispondiEliminaCosì Orazio Licandro, resp. naz. org. del Pdci, commenta la decisione di Carpinelli di lasciare il Pdci e di fondare un nuovo movimento. "Sì, abbiamo compiuto un errore e non passa giorno che Carpinelli giorno dopo giorno non ce lo sbatta contro il muso, arrivando oggi a sostenere addirittura un uomo del Pdl. Carpinelli e qualche suo sodale ha bollato come una svendita del Pdci il rapporto unitario con il Prc e la costruzione della Federazione della Sinistra, avvelenando gli animi di alcuni iscritti, e oggi si dichiara alleato del partito di Berlusconi nel nome del buon governo. Ma mi faccia il piacere, Totò avrebbe liquidato così e senza fronzoli i propositi di Carpinelli. Ad ogni modo - conclude Licandro - contrariamente a quanto asserito da Carpinelli oggi il Pdci umbro è uscito dal pantano, ha un nuovo gruppo dirigente regionale con un forte e riconosciuto, sul piano del consenso elettorale, segretario Giuseppe Mascio, e tutti dirigenti umbri sono impegnati nel rafforzamento del Pdci e della Federazione della Sinistra".
ORAZIO LICANDRO
Responsabile Nazionale Organizzazione
Partito dei Comunisti Italiani